da | 18 Gennaio 2019

Flessibilità produttiva e utilizzo di personale non dipendente – Il rischio dell’appalto non genuino

salardi placeholder


Tra le tante sfide competitive che le imprese devono oggi affrontare, c’è anche quella di rispondere in tempi brevi alla domanda dei propri clienti. Spesso, e comunque in modo minore rispetto al passato, non potendo contare su una pianificazione a medio-lungo periodo delle commesse, con conseguenti picchi produttivi che necessitano di maggior forza lavoro.

Non sempre è possibile esternalizzare la produzione, o parte di essa. Ecco quindi che le imprese, per far fronte a queste temporanee esigenze di maggior lavoro, ricorrono ai contratti d’appalto, spesso affidandolo a cooperative di servizi, con ciò tuttavia assumendosi rischi rilevanti di accertamento e sanzioni, di cui non sempre (quasi mai) sono consapevoli. In estrema sintesi, vengono stipulati contratto di appalto “a chiamata”, con i quali dipendenti di una coop. affiancano la forza lavoro dell’impresa per attività non specialistiche quali, ad esempio, verniciatura o montaggio.

Negli ultimi anni, gli organi competenti al controllo del lavoro hanno intensificato l’attività ispettiva nelle aziende di tutte le dimensioni, al fine di verificare, in presenza di lavoratori non dipendenti, se l’appalto potesse considerarsi “genuino” o irregolare (da non confondersi con l’ipotesi, ben più grave, dell’intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento del lavoro, altrimenti conosciuta come “caporalato”, sanzionata anche penalmente dall’art. 603 bis del codice penale). Nella provincia di Modena, dove opero professionalmente, il settore delle carni è stato “battuto a tappeto” dalla GdF e dagli Ispettori del Lavoro e, in scia, sono stati e sono oggetto di controllo e verifica altri settori industriali, anche per aziende di piccole dimensioni.

Il quadro sanzionatorio e la responsabilità solidale:
La sanzione per gli appalti irregolari è rilevante, trattandosi di ammenda pari ad euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, con un minimo di euro 5.000 e massimo di euro 50.000. Senza contare la responsabilità solidale della committente per gli obblighi retributivi, contributivi, previdenziali e assicuratovi dell’appaltatrice verso i propri dipendenti, ai sensi degli articoli 1676 cod. civ. e 29 del D. Lgs. n. 276/2003.

Quand’è quindi che un appalto può essere configurato come genuino, cioè regolare?

Quali sono i tratti distintivi che connotano in modo tipico il contratto di appalto e valgono a distinguerlo dalla somministrazione di personale? Proprio l’art. 29 del d.lgs. n.276/2003 ha individuato tali tratti distintivi in capo all'appaltatore:

• l’organizzazione dei mezzi necessari allo svolgimento dell’attività richiesta;
• il potere direttivo sui lavoratori impiegati nella stessa;
• il rischio di impresa.

L’appalto non genuino, come tale irregolare e sanzionabile, è quindi quello in cui:

• la committente richiede ore di lavoro e non servizi compiuti;
• il personale esterno si inserisce nel ciclo produttivo della committente;
• l’attività svolta dal personale esterno non è autonoma, distinta e confinata rispetta a quella svolta dal personale dipendente della committente;
• le attrezzature necessarie per l’espletamento delle attività sono di proprietà della committente;
• l’organizzazione dell’attività dei lavoratori esterni, così some il potere direttivo su di essi, è svolta dalla committente.

Quali soluzioni devono adottare le imprese?

a) La prima, banalmente ma necessariamente, è quella di cessare ogni rapporto d’appalto che, correttamente interpretato, non possa essere configurato come genuino.

b) Se e qualora l’impresa, in presenza di picchi di lavoro, abbia necessità di personale aggiuntivo, potrà ricorrere, nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa vigente, al contratto di somministrazione di lavoro (simile al precedente interinale), attivandosi presso le agenzie autorizzate (somministratori) iscritte in un apposito Albo informatico tenuto presso l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL).

c) Laddove invece l’impresa necessiti di servizi, sufficientemente stabili e continuativi, per taluni settori della propria attività, potrà legittimamente stipulare un contratto d’appalto, nel rispetto delle condizioni sopra (sinteticamente) individuate. A tale proposito, segnalo la possibilità di certificare il contratto d’appalto ai sensi dell’art. 84 del D. Lgs. n. 276/2003, norma introdotta proprio con l’obiettivo di ridurre il contenzioso in materia, attraverso una sorta di sigillatura del contratto stesso, da cui possa emergere, in modo chiaro ed inequivocabile, la qualificazione del rapporto di lavoro.


Avv. Stefano Salardi