da Avv. Giulio Nobili | 2 Novembre 2016

IL TRUST AUTODICHIARATO ED IL SUO TRATTAMENTO FISCALE IN TEMA DI IMPOSTE INDIRETTE

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Con la recentissima Cassazione n. 21614 del 26 ottobre 2016 (ricorso n. 27631/2014 R.G. promosso da Agenzia Entrate), la V Sezione ha offerto una serie di interessanti precisazioni in tema di legittimità e trattamento fiscale (imposte indirette) del trust c.d. auto dichiarato. Rettificando, tra l’altro, il contenuto di alcune recenti ordinanze emesse dalla vicina  VI Sezione.

Prima di dar conto della sentenza, è necessaria una generale premessa. Chi si occupa di trusts, sa bene che la questione del relativo trattamento fiscale costituisce una delle più produttive di contenzioso. Ed anche che la configurabilità del trust c.d. auto dichiarato è stata più volte messa in dubbio sia dalla giurisprudenza di merito che da quella di legittimità.    Tali problematiche, come noto, sono originate soprattutto dalla mancanza di una disciplina nazionale organica regolatrice dei trust, che è istituto di diritto anglosassone e quindi estraneo alla tradizione giuridica italiana. Pur tuttavia, il trust ha fatto ingresso nel nostro ordinamento giuridico a seguito della Legge n. 364 del 16.10.1989 (in vigore dall’1.1.1992), con la quale l’Italia ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione dell’Aja dell’1.7.1985 sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento.        

Il trust è quindi diventato una realtà normativa a tutti gli effetti, anche se il Legislatore italiano si è limitato al minimo indispensabile, poiché pur avendo affermato che “ Piena ed intera esecuzione è data alla convenzione di cui all'articolo 1 a decorrere dalla sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo 30 della convenzione stessa” (art. 2 Legge n. 364), di fatto non si è preoccupato, né allora né poi, di disciplinare analiticamente l’istituto. Tantomeno in materia fiscale, giacchè l’unica disposizione contenuta nella Convenzione, e quindi nell’art. 19 della Legge n. 364, è quella che brevemente dispone: “ La Convenzione non pregiudicherà la competenza degli Stati in materia fiscale”. (1) Da qui, un vuoto normativo che si è fatto sentire di pari passo con il notevole diffondersi dell’istituto. E che, nella latitanza del legislatore, è stato colmato dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, suscitando al contempo l’attenzione dell’Amministrazione Finanziaria, timorosa che il trust potesse diventare strumento di elusione e/o di evasione.

La sentenza in esame, seppur con diverso grado di approfondimento, affronta tre distinte questioni: la personalità giuridica del trust, la legittimità del trust c.d. auto dichiarato e il problema delle relative imposte indirette.

Personalità giuridica del trust – La V Sezione ha preliminarmente confermato (2) che il trust manca di personalità giuridica perché trattasi di un insieme di beni e rapporti destinati ad un fine determinato e formalmente intestati al trustee, che è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non come legale rappresentate ma come colui che dispone del diritto”. Con la conseguenza che il ricorso promosso (anche) contro il trust ed il controricorso proposto (anche) da parte di quest’ultimo, sono stati entrambi dichiarati inammissibili.

Il trust auto dichiarato – Sinteticamente, si tratta del genere di trust in cui il settlor  nomina sé stesso quale trustee dei propri beni conferiti in trust. Il vincolo di destinazione dei beni si crea quindi, di fatto,  all’interno dello stesso patrimonio del disponente. La legittimità di questo genere di trust, come si diceva, non era affatto scontata. Poiché parte della giurisprudenza (3) ha ritenuto che il tratto caratteristico dell’istituto del trust – ovvero la segregazione dei beni del settlor trasferiti in amministrazione ad un trustee – nel trust c.d. auto dichiarato manchi proprio a causa delle sovrapposizione di entrambe le figure (settlor e trustee)  nel medesimo soggetto. Con la conseguenza che il trust così istituito non sia un trust e possa ricadere nella categoria dei c.d. sham trusts, cioè dei trusts fittizi ed essere considerato nullo. (4). In realtà, la Convenzione dell’Aja e quindi anche l’art. 2 della Legge n. 364, non prevedono affatto una distinzione soggettiva tra settlor e trustee, limitandosi a disporre che “ per trust s'intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente - con atto tra vivi o mortis causa - qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell'interesse di un beneficiario o per un fine specifico”. Quindi, purché si verifichi l’effetto segregativo di sottoporre i beni conferiti al controllo del trustee, non può essere esclusa, in linea di principio, la coincidenza tra i due soggetti (sempre che la legge regolatrice scelta dal settlor la permetta e lo scopo del trust sia meritevole di tutela). Nel trust con beneficiari oggetto della sentenza, il settlor aveva appunto conferito in trust beni immobili e partecipazioni sociali, nominando sé stesso trustee e beneficiari i propri discendenti. La sentenza in esame - seppur implicitamente perchè la ricorrente Agenzia Entrate non ha sollevato la questione - riconosce la legittimità di questo trust auto dichiarato.

Il trattamento fiscale – La posizione generale di Agenzia Entrate in tema di imposte indirette, è quella di sostenere che il trust – auto dichiarato o meno -  in ragione del trasferimento segregante di beni a titolo gratuito, realizzi un vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 2, comma 47 del D.L. n. 262/2006 (come convertito con modifiche dalla Legge n. 286/2006). Con conseguente applicazione - già al momento dell’atto dispositivo con cui i beni vengono vincolati – della:         

a) reintrodotta imposta proporzionale sulle successioni e donazioni, determinata ai sensi del successivo comma 49;

b) imposta ipotecaria e catastale calcolata in misura proporzionale di cui al DLT n. 347/1990 (Testo Unico delle disposizioni relative all’imposta ipotecarie e catastale) e relativa tariffa.                     

Si tratta di una interpretazione ben radicata in AGE ed oggetto di diverse circolari cui la medesima AGE fa sistematicamente riferimento nei propri avvisi ed atti. A prescindere dal fatto che le circolari dell’Amministrazione Finanziaria non hanno, per giurisprudenza consolidata, alcuna efficacia vincolante né per il contribuente né per il giudice, AGE giustifica la propria interpretazione in questo modo: la costituzione del vincolo di destinazione, pur attuandosi tra settlor e trustee avviene, in realtà e sin dall’origine, nell’interessi ultimo del beneficiario. Dunque, anche se nel momento istitutivo del trust non vi è alcun reale trasferimento di beni dal settlor al beneficiario, ciò che conta è che questo comunque avverrà, seppure in momento successivo. Quindi è il rapporto settlor / beneficiario che giustifica, già al compimento dell’atto dispositivo, l’applicazione delle menzionate imposte nella misura vista (5).

Bisogna dire, e la sentenza in commento ne dà conto, che la VI Sezione della Suprema Corte, in alcuni ordinanze era arrivata a conclusioni più radicali di quelle di AGE (6). Sostenendo che la reale ragione giustificativa per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni risieda nel fatto che il citato art. 2 comma 47 abbia istituito una vero e proprio tributo sulla costituzione dei vincoli di indisponibilità. Quindi, a prescindere dal problema circa l’effettivo trasferimento di ricchezza realizzato con il conferimento dei beni.

Invece la sentenza in commento, disattendendo sia l’interpretazione di AGE che le ordinanze della VI Sezione, ha affermato che:

-  “Per l'applicazione dell'imposta sulle successione e sulle donazioni manca quindi il presupposto impositivo della liberalità alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti”. Dunque ove non vi sia effettivo trasferimento di beni, e quindi arricchimento, non vi può essere l’imposta in parola;

- l’intenzione del legislatore deve essere individuata in quella “di evitare che un'interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni disciplinata mediante richiamo al già abrogato D.Lgs. n. 346 cit. potesse dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari”. Cosa ben diversa, quindi, dalla presunta creazione di un tributo che colpisca a prescindere dall’effettivo arricchimento del beneficiario;

- "L'istituzione di un trust cosiddetto "autodichiarato", con conferimento di immobili e partecipazioni sociali, con durata predeterminata o fino alla morte del disponente-trustee, con beneficiari i discendenti di quest'ultimo deve scontare l'imposta ipotecaria e quella catastale in misura fissa e non proporzionale, perchè la fattispecie si inquadra in quella di una donazione indiretta cui è funzionale la "segregazione" quale effetto naturale del vincolo di destinazione, una "segregazione" da cui non deriva quindi alcun reale trasferimento di beni e arricchimento di persone, trasferimento e arricchimento che dovrà invece realizzarsi a favore dei beneficiari, i quali saranno perciò nel caso successivamente tenuti al pagamento dell'imposta in misura proporzionale". Quindi anche ai fini della quantificazione dell’imposta ipotecarie e catastale, ciò che rileva è che vi sia stato un effettivo trasferimento di beni. Ove ciò non avvenga, tale imposta verrà scontate nella misura fissa e non proporzionale.

In conclusione, saranno i beneficiari del trust a preoccuparsi di chiudere i conti con Agenzia Entrate.

 

Avv. Giulio Nobili

 

1 - La  lettura del preambolo della Convenzione chiarisce immediatamente quale fosse lo scopo dei paesi firmatari. Ovvero riconoscere l’esistenza di un trust all’occorrere di ben precise condizioni. E stabilire quale  sia  la legge applicabile. La Convenzione contiene quindi solo un “modello” minimo e convenzionale di trust, senza alcuna pretesa di fornirne una disciplina analitica.

2 – cfr.  già Cass. sez. Trib. n. 25478/2015, Cass. civ. sez. I n. 3456/2015, Cass. civ. sez. I  n. 25800/2015.

3 – cfr. Cass. civ. Sez. VI, n. 3886/2015, Cass. civ. Sez. VI n. 3735/2015, Cass. civ. Sez. VI n. 3737/2015,  Trib. Bergamo 4.11.2015.

4 – E’ evidente che un conto è ritenere un trust fittizio poiché costituito in frode ai creditori, ben altro è negare alla radice  l’appartenenza del trust auto dichiarato alla categoria del trusts.

5 – cfr. Circolare AGE n. 48/E del 6.8.2007, pag. 22 e pag. 23.

6 – cfr. tra le varie ordinanze, Cass. sez. VI n. 4482/2016, n. 5322/2015, n. 3886/2015